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Il Gruppo Riva nasce nei primi anni ’50 grazie alla lungimiranza imprenditoriale di Emilio Riva, che insieme al fratello Adriano intuisce le grandi prospettive di sviluppo che il settore siderurgico avrebbe avuto in un’Italia del dopoguerra bisognosa di essere ricostruita e, nel contempo, pronta a spiccare il volo di una crescita impetuosa che passerà alla storia con il nome di «miracolo economico». Così, accompagnando la ripresa italiana da un lato e, dall’altro, espandendosi coraggiosamente all’estero con l’acquisizione di importanti realtà produttive nei principali paesi europei (Germania, Francia, Belgio e Spagna), un’attività nata come semplice commercio di rottami ferrosi ha conosciuto un rapido e consistente sviluppo riuscendo a diventare, nel giro di alcuni decenni, uno dei primi gruppi siderurgici del Vecchio continente.
La metà degli anni ’60 segna tuttavia un primo cruciale passaggio per l’industria siderurgica italiana poiché le nostre aziende si trovano a fronteggiare una concorrenza sempre più aperta in ambito internazionale, favorita dallo sviluppo di «miniacciaierie» molto competitive grazie alla tecnologia del forno elettrico ad arco, e non poche imprese sono costrette a chiudere i battenti.
Per tenere il passo dei grandi produttori esteri appare quindi imperativo investire in maniera cospicua nell’innovazione e nella ricerca: il Gruppo Riva raccoglie questa sfida introducendo per primo in Italia l’importante novità tecnologica rappresentata dalla colata continua curva a tre linee. In questo periodo, nel nostro paese, solo le Acciaierie di Terni dispongono di una colata continua: ma è verticale, ad una linea soltanto e dotata di un rendimento piuttosto basso.
Emilio Riva è persuaso invece che la soluzione vincente sia rappresentata dal modello curvo, studiato allora in Austria, che presenta notevoli vantaggi di costo e di resa rispetto a quello verticale. Si rivolge quindi a Luigi Danieli, titolare dell’omonima azienda impiantistica, e a Renzo Colombo, un rinomato progettista, per realizzare autonomamente in Italia la nuova tecnologia.
La collaborazione fra i tre - l’industriale, il progettista e il costruttore di impianti - è coronata da pieno successo e il 2 giugno 1964 entra in funzione nello stabilimento di Caronno la prima colata continua realizzata dalla Danieli, che è anche la prima colata continua curva a tre linee installata in Italia. È un risultato significativo, per l’industria siderurgica italiana e per il Gruppo Riva in particolare, perché da questo momento sono abbandonati i lingotti di dimensioni ridotte, da laminare a caldo in semiprodotti (billette) e in prodotti lunghi, e le billette vengono ottenute direttamente dall’acciaio liquido, permettendo così di migliorare la resa del ciclo produttivo e di ridurre notevolmente i costi.
Lavorare con uno stabilimento solo rende tuttavia difficoltoso fronteggiare una concorrenza, non solo italiana, che nel frattempo si è fatta più agguerrita. Per questo il Gruppo avvia un percorso di crescita per linee esterne e nella seconda metà degli anni ’60 iniziano una campagna di acquisizioni mirate, in Italia e all’estero, la cui tappa più significativa sarà rappresentata, nel 1995, dall’acquisto dell’Ilva dallo Stato italiano.
La prima duplice acquisizione risale al 1966 - appena due anni dopo l’entrata in funzione della colata continua a tre linee, quando vengono rilevate le Acciaierie e Ferriere del Tanaro a Lesegno, in provincia di Cuneo, e il Gruppo diventa inoltre socio di minoranza nella SEII - Società Esercizi Impianti Industriali di Malegno (Brescia), di cui assume nel contempo la gestione.
I risultati non tardano a concretizzarsi: alla fine degli anni ’60 il Gruppo arriva a produrre 300 mila tonnellate d’acciaio l’anno e può offrire alla clientela un’ampia gamma di laminati lunghi, aprendosi così la promettente strada dei mercati internazionali.
Gli anni ’70, caratterizzati dalla prima grande crisi petrolifera mondiale e da un’importante battuta d’arresto della siderurgia europea, che inizia ad essere incalzata dalle esportazioni a basso costo provenienti da paesi come Corea del Sud, Messico, Argentina e Brasile, vedono il Gruppo Riva muoversi ancora una volta in controtendenza ed effettuare i primi importanti investimenti a livello internazionale, iniziando con l’acquisizione prima di una quota di minoranza (1971), e poi del pieno controllo della Siderúrgica Sevillana in Spagna.
È del 1974 lo sbarco oltreoceano con la costituzione in Canada, a Montreal, della Associated Steel Industries (ASI), una società nata per selezionare e recuperare i rottami generati dall’imponente parco automobilistico nordamericano. La penetrazione sul mercato francese avviene invece nel 1976, anno in cui il Gruppo acquista l’acciaieria di Iton Seine, specializzata nella produzione di tondo per cemento armato di primissima qualità che ottiene in breve tempo il marchio francese di qualità CRELOI.
Guardando all’Asia, va registrato un altro importante primato: nel 1978 il Gruppo Riva è il primo operatore europeo a vendere acciaio direttamente in Cina, mercato che fino a quel momento era stato rifornito esclusivamente dal Giappone. Così, alla fine degli anni ’70, mentre molte società siderurgiche ricorrono agli incentivi della Comunità Europea e dei governi nazionali per smantellare impianti ormai obsoleti, e alcune di esse sono purtroppo costrette a chiudere, il Gruppo Riva investe in misura significativa in nuove tecnologie, aumentando i livelli di automazione del processo di colata, moltiplicando gli impianti computerizzati, accelerando lo sviluppo della ricerca scientifica ed esplorando nuove possibilità di approvvigionamento del rottame.
Grazie agli ingenti investimenti e alle numerose acquisizioni effettuate nei 15 anni precedenti, nel 1980 la produzione d’acciaio del Gruppo arriva a superare il ragguardevole traguardo di 1,1 milioni di tonnellate - livello più che triplo rispetto alla fine degli anni ’60, posizionandolo tra i principali operatori europei. Dal punto di vista geografico, la produzione è così distribuita: il 61% in Italia, il 28% in Spagna e l’11% in Francia.
La produzione di laminati sfiora invece le 700 mila tonnellate e vede prevalere ormai la componente estera, con il 45% realizzato in Spagna, il 21% in Francia e solo il 34% in Italia. Ma il processo di espansione non si arresta. Nel 1981 è infatti la volta di un’altra importante acquisizione: entra a far parte del Gruppo la società Officine e Fonderie Galtarossa (OFG) di Verona, specializzata nella realizzazione non solo di tondo per cemento armato di alta qualità, ma anche di vergella per trafila. Sotto la nuova guida, la società incrementa notevolmente la produzione, che passa da 180 mila tonnellate nel 1980 a 740 mila tonnellate nel 2000.
Per trovare una soluzione al grave squilibrio tra domanda e offerta di prodotti siderurgici che ha aperto ormai una gravissima crisi nella siderurgia del Vecchio continente, all’inizio degli anni ’80 la Comunità europea vara il cosiddetto «Piano Davignon», un importante e riuscito progetto di ristrutturazione del settore dell’acciaio che punta a ridurre la capacità produttiva delle aziende in difficoltà o che beneficiano di aiuti statali, giungendo talvolta a chiuderle, con l’obiettivo di rendere nuovamente concorrenziali gli impianti rimanenti e di rilanciare così la produzione siderurgica in tutta Europa.
Alla siderurgia pubblica italiana, destinataria come quelli di altri paesi di rilevanti aiuti statali, viene chiesto nel 1984 di cessare la produzione del laminatoio a caldo nello stabilimento a ciclo integrale Italsider di Genova Cornigliano. La restante parte delle lavorazioni a caldo dell’impianto genovese è invece scorporata e ceduta, un anno dopo, al Consorzio Genovese Acciaio (COGEA), nel cui capitale entrano operatori privati, tra cui il Gruppo Riva, ma la cui gestione resta in mano pubblica. Viste le difficoltà di contemperare le esigenze dei diversi azionisti privati con una gestione ancora statale, nel 1988 il Gruppo Riva decide di acquistare le quote azionarie degli altri soci privati e raggiunge così la maggioranza assoluta, lasciando in mano pubblica una quota di minoranza e facendosi carico della gestione industriale.
Con questa operazione viene realizzata in Italia la prima privatizzazione di una fabbrica siderurgica a ciclo integrale. Sotto la gestione Riva, l’impianto genovese arriva a produrre oltre 1 milione di tonnellate annue d’acciaio, consentendo al Gruppo di ampliare la sua gamma di prodotti alle bramme, ossia ai semilavorati per la produzione di laminati piani.
Nel 1988 il Gruppo Riva è protagonista di un’altra importante privatizzazione, questa volta in Francia, paese in cui è presente già da oltre 10 anni e dove acquista una quota di maggioranza del capitale dell’ALPA (Aciéries et Laminoirs de Paris), società che possiede un impianto di produzione (acciaieria elettrica e treno di laminazione per tondo per cemento armato) a Gargenville.
Così nel 1989, dopo un altro decennio di espansione, la produzione d’acciaio è triplicata rispetto al 1980 e ha raggiunto 3,2 milioni di tonnellate (di cui 2,1 milioni in Italia e 1,1 milioni in Spagna e Francia); cresce di tre volte anche la produzione di laminati, a 2,2 milioni di tonnellate, che arriva a coprire circa il 10% della produzione di tondo per cemento armato dell’intera Comunità europea.
Ma non è finita. Tra il 1989 e il 1992, infatti, l’espansione estera compie un altro passo significativo e fa rotta su due paesi di antica tradizione siderurgica come il Belgio e la Germania. In Belgio viene rilevato il laminatoio n. 3 di Charleroi, dotato di una capacità produttiva di 750 mila tonnellate l’anno, per la cui alimentazione viene costruita da zero una nuova acciaieria elettrica: nasce così la Thy Marcinelle, che oltre a stabilizzare la situazione occupazionale dell’area, contribuisce a rivitalizzare una regione in cui è tradizionalmente presente molta manodopera d’origine italiana; regione che ora, dall’Italia, riceve anche qualificate capacità imprenditoriali, tecnologia all’avanguardia e rilevanti capitali.
In Germania, invece, il processo di privatizzazione della siderurgia conseguente alla riunificazione tedesca offre al Gruppo l’opportunità di acquistare due impianti situati nella regione di Berlino: Brandenburger Elektrostahlwerke e Hennigsdorfer Elektrostahlwerke. Entrambi gli stabilimenti vengono rilevati nel 1992 dalla Treuhandanstalt, l’ente tedesco incaricato di privatizzare le imprese della ex-Germania est: se nel 1992 questi impianti producevano rispettivamente 749 mila e 360 mila tonnellate d’acciaio, nel 2000 la produzione salirà a 1,3 milioni e 811 mila tonnellate.
Nel 1994, con una produzione pari a 5,8 milioni di tonnellate d’acciaio e a 5 milioni di tonnellate di laminati - raddoppiata rispetto a 5 anni prima -, il Gruppo Riva ha ormai consolidato una dimensione che lo colloca tra i protagonisti europei. Ma si prepara a compiere un ulteriore salto dimensionale che lo farà diventare in un colpo solo il secondo operatore siderurgico d’Europa e il quinto a livello mondiale.
Infatti nell’aprile del 1995, in qualità di socio di maggioranza assoluta, il Gruppo rileva dall’IRI, insieme ad altri soci minoritari italiani ed esteri, la totalità del capitale di Ilva Laminati Piani, operazione che rappresenta la più importante privatizzazione nell’ambito del piano di disimpegno del Governo italiano dal settore siderurgico. Con l’acquisizione di Ilva Laminati Piani, il Gruppo acquisisce anche il controllo di società per la produzione di banda stagnata (ICMI), lamiere e tubi di grande diametro (ILT) e di aziende di trasformazione e verticalizzazione di laminati piani, tra le quali Tunisacier, con stabilimento a Biserta (Tunisia).
Il consolidamento dell’Ilva ha un’importanza fondamentale nella storia del Gruppo: dal punto di vista produttivo, tra il 1994 e il 1995, si registra un balzo della produzione annua da 6 a 14,6 milioni di tonnellate d’acciaio e da 5 a 12,8 milioni di tonnellate di laminati. Inoltre, gli ingenti investimenti effettuati dal Gruppo Riva nell’Ilva (oltre 6 miliardi di euro tra il 1995 e il 2012) hanno portato lo stabilimento di Taranto a diventare in breve tempo la più grande, moderna ed efficiente acciaieria d’Europa.
Negli anni successivi il percorso di crescita continua. Nel 1996 viene rilevato infatti lo stabilimento di Sellero (Brescia) dalla IBL, e nel 1997 l’Ilva acquisisce in Grecia la maggioranza di Hellenic Steel, società che produce laminati a freddo, zincati e banda stagnata, mentre in Italia incorpora le Acciaierie di Cornigliano (ex Italsider) privatizzate circa 10 anni prima. Nel 2000, infine, è acquistato il gruppo francese SAM (8 stabilimenti produttivi e di trasformazione, 1.500 dipendenti), che produce 1,5 milioni di tonnellate d’acciaio trasformate al 70% in vergella, rete elettrosaldata e prodotti per l’edilizia.
Attuando una strategia di miglioramento delle strutture logistiche collegate all’attività siderurgica, nel 1999 il Gruppo decide di potenziare anche il proprio settore armatoriale con l’acquisto di una nave transoceanica da 250 mila tonnellate adibita al trasporto delle materie prime, in particolare minerali, attività sino a quel momento effettuata da armatori terzi. Il Gruppo rafforza inoltre la flotta con l’entrata in funzione di due spintori e di quattro chiatte da 30 mila tonnellate per il trasporto di prodotti finiti, ai quali va ad aggiungersi, nel 2012, una nuova nave transoceanica da 300 mila tonnellate.
Nel 2005 viene siglato a Genova un importante e innovativo accordo di programma con il Governo, gli enti locali e le organizzazioni sindacali, finalizzato alla chiusura dell’area a caldo dello stabilimento Ilva di Cornigliano e al contemporaneo potenziamento della sua produzione a freddo. Si tratta di una vera e propria riconversione dell’intero impianto produttivo, con la dismissione della produzione da altoforno, che da un lato riesce a salvaguardare pressoché in toto i livelli occupazionali (circa 2.000 dipendenti), e dall’altro comporta la cessione da parte del privato, alle istituzioni pubbliche, di aree per circa 343.000 metri quadri destinate alla realizzazione di importanti servizi di pubblica utilità come strade di scorrimento veloce, progetti di riqualificazione urbana, funzioni logistico-portuali e di demanio aeronautico.
Va sottolineato che l'accordo rappresenta un esempio significativo di società industriale privata e redditizia che accetta di modificare la propria impostazione produttiva, sopportando costi rilevanti, in un’ottica di riqualificazione ambientale, dimostrando così come sia possibile trovare un equilibrio virtuoso tra esigenze industriali, vincoli ambientali e tutela dell’occupazione.
Nel luglio 2012, con il sequestro degli impianti Ilva di Taranto ordinato dalla Procura della città jonica, ha inizio la vicenda giudiziaria che si snoda fino ai nostri giorni, legata a presunte inadempienze ambientali da parte della società, che porta nel giugno 2013 al commissariamento dell’Ilva stessa, con il conseguente «esproprio senza indennizzo» dell’azienda - così è stato definito da più parti - a danno dei legittimi azionisti. A riguardo è importante sottolineare che la società ha respinto gli addebiti che le sono stati mossi e ha dichiarato di aver sempre rispettato le numerose prescrizioni ambientali nazionali e internazionali che la riguardavano.
Nel frattempo, con l’obiettivo di separare anche dal punto di vista societario le attività nei prodotti piani derivanti dal ciclo integrale, da quelle relative alla produzione dei lunghi ottenuta con i forni elettrici, viene costituita - attraverso una scissione da Riva Fire, holding di controllo del Gruppo - la società Riva Forni Elettrici, a cui appunto, fanno capo le produzioni da forno elettrico.
Nell’aprile 2014 si spegne, dopo lunga malattia, il Presidente e fondatore del Gruppo, l’Ingegner Emilio Riva.
A giugno 2014 Claudio Riva, che dopo aver negoziato l’accordo di programma per Cornigliano non aveva più esercitato ruoli operativi nel Gruppo e si era dedicato a un’attività imprenditoriale autonoma, torna ad occuparsi delle attività siderurgiche e viene nominato Presidente di Riva Forni Elettrici, a tutt'oggi il principale operatore siderurgico italiano.
Nel gennaio 2023 il Gruppo Riva ha acquisito 4 siti di raccolta e 4 siti di selezione e frantumazione di rottami metallici. I nuovi impianti sono stati raggruppati sotto la società TRENTETROIS e consentono al gruppo di puntare all'autonomia nella catena del riciclo dell’acciaio, riaffermando uno dei suoi valori fondamentali: la sostenibilità.